Preavviso in caso di dimissioni: come calcolare il periodo di preavviso?
Tra i compiti di chi si occupa di HR Management non ci sono solo la selezione del personale, la gestione della formazione del personale e la valutazione delle prestazioni: i responsabili delle risorse umane devono infatti occuparsi di gestire anche le fasi conclusive di un rapporto di lavoro, da quando ricevono l’annuncio delle dimissioni di un dipendente al suo ultimo giorno di lavoro. In questo ambito è importante conoscere che cosa prevedono le normative e i contratti aziendali in merito al preavviso.
Continua a leggere e scopri come funziona il preavviso a seguito delle dimissioni o del licenziamento. Troverai indicazioni su come calcolarlo e le specifiche di alcuni CCNL.
Punti chiave
Il preavviso è il tempo che intercorre tra la notifica delle dimissioni o del licenziamento e l’ultimo giorno effettivo di lavoro in azienda.
La durata del preavviso dipende dal tipo di CCNL applicato e dall’anzianità di servizio.
Non lavorare per l’intero periodo di preavviso previsto potrebbe comportare il pagamento di un’indennità.
Qual è il preavviso obbligatorio in caso di dimissioni?
Quando si interrompe un contratto di lavoro per i più svariati motivi, la cessazione in genere non è immediata: tra l’inoltro delle dimissioni e la fine del contratto vera e propria occorre rispettare un periodo di preavviso. In questo modo si tutela l’azienda, che ha un determinato lasso di tempo per riassegnare le attività svolte dal dipendente e cercare un sostituto.
Vale anche l’opposto: nel caso in cui sia l’azienda a recedere dal contratto (ad esempio attraverso un licenziamento), dovrà concedere al dipendente il medesimo preavviso. Fanno eccezione i cosiddetti “licenziamenti in tronco”, che però possono avvenire solo in caso di violazioni molto gravi.
In genere, il preavviso è obbligatorio e durante questo periodo il dipendente riceve la consueta retribuzione. In caso di mancato preavviso, invece, si può incorrere in sanzioni (ovvero nel pagamento di un’indennità di mancato preavviso, salvo accordi specifici tra lavoratore e azienda). Rispettare il preavviso è anche una questione etica professionale, in quanto permette all’altra parte di riorganizzarsi.
Preavviso in caso di dimissioni con contratto a tempo indeterminato
Il diritto di recedere da un contratto di lavoro a tempo indeterminato è stabilito all’articolo 2118, comma 1, del codice civile: “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità”.
I termini del preavviso variano in base al settore in cui opera l’azienda e sono riportati nei Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro. Le disposizioni dei CCNL in merito si applicano anche ai contratti di apprendistato.
Preavviso in caso di dimissioni con contratto a tempo determinato
I contratti a tempo determinato hanno già una scadenza prestabilita e pertanto non prevedono la possibilità di recedere anticipatamente, ovvero di dare le dimissioni. Di conseguenza, non prevedono nemmeno un preavviso. In questo caso, se un dipendente desidera lasciare l’attuale lavoro, dovrà trovare un accordo con l’azienda. Esistono due eccezioni a questa regola:
Il recesso nel periodo di prova;
Il recesso per giusta causa.
Nel caso in cui il dipendente interrompesse il rapporto di lavoro prima della scadenza, al di fuori del periodo di prova, senza giusta causa e senza accordi con l’azienda, potrebbe incorrere in conseguenze. In questo caso, infatti, l’azienda avrebbe diritto a chiedere un risarcimento, da calcolare in base al tempo che manca al termine del contratto.
In quali casi non è obbligatorio il preavviso?
Il preavviso non è sempre obbligatorio. Esistono infatti alcune eccezioni, che vedremo nel dettaglio di seguito.
Il dipendente non è tenuto a rispettare il preavviso in questi casi:
Durante il periodo di prova: tale periodo, infatti, serve all’azienda e al lavoratore a capire se siano adatti l’una per l’altro.
Se si dimette per giusta causa. Questa casistica è normata dal codice civile all’articolo 2119. Tra le motivazioni riconoscibili come giusta causa troviamo, ad esempio, il mancato pagamento degli stipendi, l’omesso versamento dei contributi, comportamenti ingiuriosi, mobbing, molestie sessuali, modifica peggiorativa delle mansioni lavorative.
Durante il cosiddetto “periodo protetto” della maternità o della paternità, ovvero durante la gravidanza e fino al primo compleanno del bambino o per il primo anno di adozione di un minore.
Se ci si dimette per giusta causa oppure nel periodo protetto, non solo non si dovrà dare alcun preavviso, ma si avrà diritto a ricevere un’indennità sostitutiva di preavviso. Segnaliamo inoltre che, a seconda dei casi, il lavoratore o la lavoratrice dimissionari in questi casi potrebbero avere diritto a ricevere la NASpI.
Occorre infine ricordare che vi sono alcuni eventi che interrompono il preavviso:
malattie e infortuni;
ferie;
maternità.
In questi casi, il preavviso viene sospeso e il conteggio riprende quando il/la dipendente rientra al lavoro. Che cosa significa a livello pratico? Ad esempio, qualora ci si ammali durante il preavviso, una volta guariti si dovrà posticipare di conseguenza la data dell’ultimo giorno di lavoro in azienda; in caso contrario, si incorrerà in un caso di mancato preavviso e si potrebbe dover pagare la relativa indennità.
Quanti sono i giorni di preavviso per dimissioni?
La durata del preavviso dovuto dipende da svariati fattori. Innanzitutto, varia a seconda del CCNL applicato e di conseguenza del settore di riferimento. Vi sono però altri fattori che influenzano il preavviso, ovvero:
Livello di inquadramento;
Qualifica lavorativa;
Anzianità aziendale.
Ciò significa che i lavoratori con un inquadramento più alto e con una maggiore anzianità in azienda devono in genere fornire un preavviso più lungo rispetto ai lavoratori con un inquadramento più basso e assunti da meno tempo.
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automatizza l'offboarding oraPreavviso in caso di dimissioni nel settore metalmeccanico
Nel CCNL Metalmeccanici, il preavviso varia in base ai livelli e agli anni di servizio. Di seguito vediamo le casistiche previste e i relativi giorni di preavviso dovuti:
Fino a 5 anni di servizio:
Categoria I: 7 giorni;
Categorie II e III: 10 giorni;
Categorie IV e V: 1 mese e 15 giorni;
Categorie VI e VII: 2 mesi.
Da 5 a 10 anni di servizio:
Categoria I: 15 giorni;
Categorie II e III: 20 giorni;
Categorie IV e V: 2 mesi;
Categorie VI e VII: 3 mesi.
Oltre 10 anni di servizio:
Categoria I: 20 giorni;
Categorie II e III: 1 mese;
Categorie IV e V: 2 mesi e 15 giorni;
Categorie VI e VII: 4 mesi.
Preavviso in caso di dimissioni nel settore del commercio
Il CCNL del Commercio per i dipendenti da aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi prevede scaglioni simili. In questo CCNL i livelli vanno nella direzione opposta rispetto a quelli del CCNL Metalmeccanici (il primo livello indica una categoria superiore). Riportiamo di seguito una tabella riassuntiva dei giorni di preavviso stabiliti:
Fino a 5 anni di servizio:
Livello VII e VI: 10 giorni;
Livello V e IV: 15 giorni;
Livello III e II: 20 giorni;
Livello I e quadri: 45 giorni.
Da 5 a 10 anni di servizio:
Livello VII e VI: 15 giorni;
Livello V e IV: 20 giorni;
Livello III e II: 30 giorni;
Livello I e quadri: 60 giorni.
Oltre 10 anni di servizio:
Livello VII e VI: 15 giorni;
Livello V e IV: 30 giorni;
Livello III e II: 45 giorni;
Livello I e quadri: 90 giorni.
Come si calcola il periodo di preavviso in caso di dimissioni?
Il preavviso parte da quando si comunicano le dimissioni al datore di lavoro. Occorre però prestare attenzione a quanto stabilito dal proprio CCNL di riferimento. Ad esempio, alcuni di essi (come il CCNL Commercio) prevedono che decorra dal 1° o dal 16° giorno del mese.
Un altro aspetto importante da considerare è che le dimissioni vengono calcolate sui giorni di calendario, non su quelli lavorativi. Vediamo un esempio pratico: un dipendente deve dare 10 giorni di preavviso e da CCNL queste decorrono dal 1° del mese; se il dipendente presenta le dimissioni in data 28/10, il preavviso partirà dall’01/11 e il suo ultimo giorno di lavoro sarà il 10/11.
Come stabilito dal Decreto legislativo n. 151/2015, le dimissioni devono essere inviate per via telematica, ovvero per mezzo di una procedura online. La data di inoltro delle dimissioni telematiche fa fede per il calcolo del periodo di preavviso. Questa procedura è stata introdotta per contrastare il fenomeno delle “dimissioni in bianco” e non si applica solo in alcune eccezioni (ad esempio per le dimissioni durante il periodo di prova, oppure per quelle che avvengono nelle sedi protette, ovvero presso le sedi sindacali o dell’Ispettorato territoriale del lavoro).
Nel caso dei licenziamenti, invece, non ci sono procedure particolari da seguire, ma è necessario che il dipendente ne riceva comunicazione per iscritto e con indicazione delle motivazioni. Solo in alcuni casi (il cosiddetto “licenziamento ad nutum”) non è necessario indicare i motivi che hanno portato all’interruzione del contratto da parte dell’azienda.
Conclusione
Per una gestione ottimale delle risorse umane, è bene conoscere che cosa prevede il CCNL di riferimento della tua azienda in merito al preavviso da dare in caso di licenziamenti o dimissioni. In questo modo, potrai organizzare al meglio il passaggio di consegne e le attività di offboarding. Per tenere traccia di tutti i processi relativi al personale in modo semplice e completo, puoi affidarti alla piattaforma di gestione HR di Personio.
Domande frequenti
Hai ancora domande in merito al preavviso da dare in caso di dimissioni? Di seguito troverai alcune domande frequenti e le nostre risposte.
Come gestire ferie e dimissioni?
Se un dipendente si dimette o viene licenziato, le eventuali ferie non godute gli devono essere retribuite. Le ferie sono uno degli eventi che interrompono il preavviso; pertanto il lavoratore non potrebbe usufruirne nelle fasi finali del rapporto di lavoro, pena il pagamento dell’indennità di mancato preavviso. È però possibile accordarsi affinché il dipendente utilizzi in toto o in parte le ferie residue durante il preavviso senza incorrere in penalità – ciò eviterà all’azienda di sborsare cifre anche ingenti per il pagamento delle ferie residue.
Quali sono i fattori più importanti per un offboarding ottimale?
Quando un dipendente lascia l’azienda, occorre organizzare il passaggio di consegne per facilitare il trasferimento delle sue conoscenze e responsabilità, ma è anche possibile cogliere l’occasione per riflettere sui motivi che l’hanno portato ad andarsene. A tal fine, puoi stilare un piano di offboarding. In questa fase puoi raccogliere e gestire i documenti relativi al dipendente, recuperare i materiali aziendali che gli erano stati assegnati (computer, cellulare, badge, ecc.), riorganizzare il lavoro del team e, ove possibile, organizzare un colloquio di uscita.
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